Dott. Gallotta - Discorso inaugurazione mostra a Bondeno


TESTO DEL DISCORSO PRONUNCIATO DA MARIO GALLOTTA (A.N.A.)

IL 4 NOVEMBRE 2003

A BONDENO (FE), NELLA "CASA DELLA SOCIETA' OPERAIA"

Nel triste autunno di quarant’anni or sono la tragedia del Vajont sconvolse l’Italia.

Gli Alpini della “Cadore” e della “Julia” furono tra i primi a soccorrere le popolazioni colpite: fra essi l’attuale nostro Capogruppo (Ten. Col. Ferdinando Marchesi), allora giovane Sottotenente di fresca nomina.

Non solo i giovani, tuttavia, si rimboccarono le maniche. Anche l’ottuagenario alpino Edgardo Rossaro volle dare il proprio contributo e offrì alcuni suoi quadri perché fossero venduti all’asta, destinandone il ricavato a favore dei vecchi commilitoni.

Un simile gesto ci fa comprendere, più di tante parole, la nobiltà d’animo dell’artista piemontese.

Rossaro, infatti, era nato a Vercelli, ove visse fino a 18 anni. Vercelli, il cui primo cittadino, Dott. Gabriele Bagnasco, ci ha inviato un caloroso messaggio, da estendere all’Amministrazione Comunale di Bondeno. Vercelli, la città di Vittorio Varese e dei due Garrone (medaglie d’oro al valor militare nella “Grande Guerra”), qui rappresentata dalle sue penne nere, che cordialmente salutiamo.

Penne nere come Rossaro, che avrebbe potuto tranquillamente evitare il servizio militare e invece si arruolò nei “Volontari Alpini del Cadore”, come dice egli stesso nel suo libro “LA MIA GUERRA GIOCONDA”:

“Quando nel 1914 si cominciò a parlare di intervento dell'ltalia nella guerra che andava estendendosi, mi preoccupò subito vivamente il timore di non potervi partecipare, poiche’ ero della classe 1882, terza categoria, e scartato alla leva militare per insufficienza - stavo per scrivere inesistenza - di torace. Pensavo: al più mi accetteranno tra i territoriali, mi cacceranno in un ufficio dove vegeterò fino al termine della guerra. Accettai quindi con entusiasmo la proposta del mio buon amico ingegner O. Palatini, di iscrivermi tra i Volontari Alpini del Cadore, dove egli aveva il grado di sottotenente. Il Comandante Coletti era amico del Palatini e mio buon conoscente. Venni dunque iscritto senza difficoltà, pur rimanendo a Firenze, con l'impegno di partire all'atto della. Mobilitazione.

Ciò fatto, mi acquetai e rimasi serenamente in attesa degli avvenimenti. ... Da tempo c'era nervosismo anche a Firenze; attesa dei giornali e dei bollettini. In tutti i caffè oratori improvvisati arringavano le folle: grandi chiacchiere, riunioni misteriose, discussioni infinite pro e contro. In tutti i caffè, e specialmente alle Giubbe Rosse e al Paszkowski ogni sera i ben informati portavano le novità: «Si va... si entra... si mobilita...» …

Finalmente il 23 maggio 1915, l'attesa notizia:«Mobllitazione». Io avevo ricevuto già il mio foglio di viaggio, e con esso un pacchetto di altri fogli di viaggio, in bianco. Bastava scrivervi su il proprio nome per partire con me. Quella sera dunque montai anch'io sul tavolino e dissi: «Amici, la mobilitazione e’ un fatto compiuto, inutile gridare "viva" e "abbasso”. Ora si agisce. Si parte. Io parto domani per Pieve di Cadore ove sono iscritto nel Reparto Volontari Alpini. Chi vuol venire con me non ha che da firmare questo foglio».

Nessun applauso. Chi attendeva la chiamata della sua classe. Chi aveva ancora un piccolo affare da concludere. chi pensava di andare al corso allievi ufficiali, chi aveva la famiglia, chi la fidanzata o la moglie o il figlio da sistemare; tutti se la squagliarono ...”.

La vita di guerra, per Rossaro, non fu in realtà affatto tranquilla.

Conosciuto e stimato per le sue doti grafiche, venne spesso inviato a ridosso delle linee nemiche per fissare sulla carta, con schizzi e disegni, le caratteristiche dello schieramento avversario.

Ferito tre volte, si congedò nel 1919 ed intensificò, nel dopoguerra, il legame con Bondeno, ove risiedeva il suo amico e mecenate Ferdinando Grandi, il cui figlio – Avv. Giorgio – indossò (e indossa, come avete visto oggi) il cappello alpino.

Sempre vicino alla nostra Associazione e fedele al motto “SEMEL ALPINUS, SEMPER ALPINUS” (Alpino una volta, Alpino per sempre), egli collaborò a “L’ALPINO”, periodico ufficiale dell’A.N.A..

E fu proprio l’Associazione Nazionale Alpini (allora denominata 10° Reggimento Alpini) a pubblicare, nel 1939, il suo libro “LA MIA GUERRA GIOCONDA”, ripubblicato con successo 60 anni dopo dall’Editrice Mursia che ne ha mutato il titolo (“CON GLI ALPINI IN GUERRA SULLE DOLOMITI”).

Consapevole dei dubbi che il titolo originario poteva ingenerare, Edgardo Rossaro così si espresse nell’ Introduzione alla sua opera:

“Perche’ non si debba equivocare sulle mie intenzioni, desidero fare alcune dichiarazioni esplicite. Non ho alcuna intenzione di dare a intendere che ritengo la guerra in se stessa una cosa gioconda. Nego tuttavia che la guerra sia soltanto scuola di crudeltà: sebbene abitui l'uomo a una certa indifferenza per la vita altrui, lo rende anche più generoso della propria, più generoso verso i commilitoni, meno egoista, meno puerilmente timoroso del dolore e della morte, più resistente alle fatiche, meno avaro.

La guerra, per una quantità infinita di concause, porta sempre nel paese un abbassamento del livello morale, crea abissi di dolore e di disperazione incolmabili. Rivela all'uomo l'orrore più angoscioso, tale che i cervelli meno robusti ne risentono indelebilmente; ma rivela, forse essa sola, quanto ha di grande, di sublime l'anima umana: qualche cosa che non può credere chi non l'ha provato, che nessun grande scrittore potrà descrivere, come non si può efficacemente descrivere l'orrore, lo sbigottimento di certi momenti...

Allora soltanto ho conosciuto dove era il nemico, e ho sentito con sicurezza che coloro i quali mi stavano presso erano amici, e nessuno mi avrebbe tradito ne’ abbandonato. Amici pronti a rischiare la pelle per difendere la mia vita, come io lealmente la loro.

E il nemico, che stava di fronte ben armato e trincerato, era un nemico leale, che cercava con ogni mezzo di uccidermi per vincere, non per farmi soffrire, cercava di distruggermi onestamente, senza odio personale, senza rancore individuale, senza bassezza d'animo ne’ di mezzi. Finita la lotta, vincitore o vinto, avrei potuto guardarlo senza disprezzo e dargli la mano.

E avevo la ferma persuasione che le mie, le nostre sofferenze, avrebbero giovato ad altri, che dalla vittoria, frutto dello sforzo comune, quindi anche del mio, le nuove generazioni avrebbero avuto un vantaggio…”.

Quale nobiltà nelle parole di Rossaro!

Ed è per onorare la memoria di quanti, come lui, combatterono valorosamente, che il Gruppo Alpini di Ferrara ha avanzato al Comune di Bondeno la richiesta – prontamente accolta dal Sindaco, Dott. Davide Verri, che siede al mio fianco – di intitolargli una via.

E non è un caso che ciò avvenga ufficialmente oggi, in un giorno carico di alto significato come il 4 novembre.

Un giorno che ci parla di Patria e di tricolore, di onore militare e di coraggio dimostrato sui campi di battaglia.

Un giorno in cui vorremmo vedere tante bandiere garrire al vento e gonfiare il nostro cuore di orgoglio e di emozione, grati ai soldati di ieri e di oggi, specialmente a quelli che sono impegnati in Irak ed in Afghanistan.

Un giorno da onorare e da ricordare perché, come spesso ammonisce il Capo dello Stato, “CHI NON HA MEMORIA, NON HA FUTURO”.

M. Gallotta